(di A. Andreani)
Oggi pubblichiamo una lettura “impegnata” sulla storia medievale di Beroide.
Sì, perché questa piccolo paese ha una storia di grande rilievo, il cui filo conduttore si trova nell’aspirazione al sottrarsi al governo spesso “iniquo” della città di Spoleto.
Le parole che prendiamo in prestito sono quelle del grande storico spoletino, Achille Sansi, che visse nel XIX secolo, di cui, tra l’altro, si ricorda la pubblicazione di un’opera monumentale, in più volumi, nota come la “Storia del Comune di Spoleto dal secolo XII al secolo XVII” da cui abbiamo ricavato quanto di seguito narrato a proposito di Beroide.
La “cronaca” riportata del Sansi, qui presa in esame, si sviluppa negli anni che vanno dal 1440 al 1444.
Tra parentesi quadre abbiamo evidenziato alcuni tagli e note che abbiamo apportato – diciamo liberamente – al testo originario al fine rendere agevole e semplice, nel limite del possibile, la relativa lettura.
Ecco la cronaca del Sansi .
“Se i castelli del contado erano maldisposti verso la città, soprattutti, come peraltri esempi fu visto, era Beroide, che […] non si acconciava a star soggetta; sicchè andatovi, Luca Antonio Nicolai uno dei priori del Comune accompagnato da altri cittadini, per esercitarvi alcun atto di autorità, que’ villani [se non vi fosse chiaro, i villani sarebbero i beroitani del tempo] i l’undici di aprile in un tumulto atrocemente l’uccisero con altri sei di quelli che erano con lui.
Pervenuta la notizia ai cittadini, corsero in folla al palazzo, ove dolorosamente fu co’ priori molto esclamato e detto intorno al lacrimevole caso, alla immane fellonia degli uomini di quel luogo, e alla debita vendetta e punizione di tanto misfatto.
Al defunto priore furono decretati onorevoli funerali a spese del pubblico, come si suoleva fare con ogni priore che morisse mentre era in officio, tanto più questo che era stato ucciso nell’esercizio delle sue funzioni.
[Spoleto] elesse dodici cittadini, uno per vaita, i quali uniti ai priori e al governatore, avessero su i fatti di Beroide facoltà uguali a quelle dell’arringa medesima [si parla cioè di tremenda punizione][…].
I Beroitani, seguitando il loro costume, chiamarono in aiuto Berardo Varano duca di Camerino [un potente del tempo], il quale inviò loro un gagliardo stuolo di cavalli.
Una mattina adunque al suono della campana del palazzo [di Spoleto] s’andò a popolo al castello, e fu messo a ferro ed a sacco.
[…]molti Beroitani fuggendo si raccolsero e fecero testa, e trovata una frotta di Spoletini che se ne tornavano con la preda, molti ne uccisero, e la roba ripresero.
Veniva intanto il soccorso dei cavalli di Camerino [le truppe di Berardo Varano duca di Camerino in soccorso dei beroitani]; gli Spoletini, gli si fecero incontro, e alle Vene del Clitunno, donde già s’incamminavano alla volta di Beroide, l’assaltarono vigorosamente e cacciarono in fuga, uccidendone intorno a trenta.
La rivolta fu pertanto domata, e fatto processo ai Beroitani, ne furono messi al bando trentacinque.
[I beroitani si capiva non avessero] nessuna volontà di esser soggetti.
Furono quindi nominati [dagli spoletini] altri sei cittadini che avessero piena facoltà [pieni poteri][…]Furono costoro detti i Cittadini della pace, della guerra e della vendetta di Beroide. E si raccolsero fanti […]Il 20 di luglio s’andò a popolo a mietere ne’ campi de’ banditi, e la domenica susseguente vi tornarono e disfecero la villa [di Beroide]
[gli spoletini contro gli abitanti di Beroide diedero loro] tempo tutto il dimani per provvedersi di un bollettino [sorta di lasciapassare] che verrebbe loro rilasciato dal cancelliere del Comune; e quelli di loro che fossero trovati senza di questo, si avrebbero per ribelli, e come tali sarebbero trattati. Gli altri potessero stare ed andare liberi e sicuri, e presso il loro luogo dimorare.
I beroitani supplicarono il Papa perché fosse loro concesso di raccogliere e commerciare liberamente i frutti delle loro terre; e il papa scriveva alla città [con benevolenza verso Beroide che] volesse ciò fare per la quiete della provincia.
Spoleto mandò al legato [pontificio] oratori che gli esponessero per filo e per segno le ribalderie dei beroitani.
Gli oratori riferirono, a proposito dell’ultimo breve, essere intenzione del legato che in Beroide si riedificasse un qualche fortilizio munito di vallo, e che, quando ciò non fosse approvato dai cittadini, rinviassero gli oratori con varie proposte su quel proposito, che egli sceglierebbe quella che più gli piacesse. Nel consiglio del 13 novembre si decretò tornassero gli oratori a dichiarare essere intenzione del popolo che in niun modo si riedificasse in Beroide, né che ivi si facesse alcun fortilizio.
[gli spoletini fecero sapere al Papa] che il fedelissimo popolo spoletino, si dorrebbe sommamente di sua Santità quando, a voglia dei villani di Beroide, [consentisse loro la riedificazione delle mura]
Questo affare di Beroide veniva ad intrecciarsi con quello dei sussidi arretrati che la città [di Spoleto] doveva alla camera apostolica [e quindi al Papa].
Il governatore [di nomina papale] […] fece sapere al Comune [di Spoleto] che, ove fossero pagati alla camera [apostolica romana] tremila fiorini dei sussidi dovuti [dagli spoletini], credeva che sua santità farebbe grazia del residuo, e annuirebbe che Beroide, non si rifabbricasse ivi, ma altrove.
[gli spoletini scrissero al Papa affinché] sua santità si degnasse di fare a questo popolo [spoletino] la grazia che Beroide non venisse in alcun modo riedificata.
12 di settembre i beroitani, contro la volontà dei cittadini [gli spoletini], avevano incominciato a ricavare il fosso [stavano ricostruendo il fossato o vallo di difesa al paese] e continuavano indefessi nell’opera loro.
[A Spoleto si diceva] Se costoro [i beroitani] , si diceva, portano a fine, nostro malgrado, il loro disegno, converrà che tutti gli spoletini lascino la patria.
Due giorni dopo [gli spoletini] mandarono oratori dal Papa […], [i quali] non perdettero il tempo, avvenga che si cercassero poi trecento fiorini per ricompensare alcuni della curia pontificia che avevano grandemente favorito co’ loro buoni offici la commissione di quelli [in sostanza gli spoletini “oliarono gli ingranaggi” politici del tempo]
Beroide non sarebbe riedificata nello stesso luogo; e conseguentemente si era già fatto interrompere il ricavamento dei fossi.
Occorreva intanto di avere mille fiorini che il Papa chiedeva urgentemente [agli spoletini] per mantenere la quiete.
I beroitani non avevano però deposto il loro pensiero, viste le grandi strettezze della città [di Spoleto], le offersero [a Spoleto] tremila fiorini, perché fosse loro concesso di ricavare i fossi, e di fare steccati per starvi dentro con minor pericolo.
Ma [tale proposta fu rigettata dagli spoletini nell’anno 1442 ] con dugentonovantasette voti;
[Nel 1443 altre ribellioni, altri più potenti nemici alle porte di Spoleto e le ristrettezze economiche dalla città indussero quest’ultima ad accettare la trattativa circa la vecchia offerta in denaro di beroitani per la ricostruzione di un minimo di fortificazioni, infatti i beroitani erano, rispetto ad altri nuovi nemici di Spoleto, meno pericolosi; difatti il Sansi scrive…] Le grandi strettezze condussero il Comune [di Spoleto] sino a trattare di venire ad una composizione co’ beroitani per le loro collette e gabelle e con i banditi meno rei, pur d’aver denari in così straordinarie necessità.
[….dopo varie vicissitudini della Città…]
Il 25 settembre del 1444 nella sala grande del palazzo del Comune [di Spoleto] innanzi al governatore, all’uditore del legato, ai Priori e a molti altri spettabili cittadini, a ciò convocati, vennero col loro sindaco molti beroitani, i quali, stando inginocchiati a capo scoperto e basso, confessando le loro colpe, chiedevano perdono d’ogni offesa, e promettevano di esser fedeli al Comune, di pagare le gravezze che fossero loro imposte dal medesimo, e di eseguirne i mandati. Per le quali cose furono dal sindaco a nome dello stesso Comune perdonati dei loro misfatti, assoluti da ogni pena e rimessi in grazia.”
Fin qui tratto da Achille Sansi, Storia del Comune di Spoleto dal secolo XII al secolo XVII, volume II, capitolo XV.
[Ciononostante, ancora moto tempo doveva passare affinché i beroitani ottenessero, dopo il perdono, l’autorizzazione a riedificare le proprie mura]
[Nel 1475] […] il consiglio generale, ricevute speciali promesse e i giuramenti dei massari di Beroide di stare sottomessi alla città, prestò il consenso perché potessero riedificare le mura del castello. Così finì questa vertenza di Beroide che era durata intorno a trentacinque anni, così fu ristorata la città del grande infurtunio; ma per verità, scrive Bernardino di Campello [nobile e storico nato alla fine del XVI secolo e autore “Delle historie di Spoleti”] , essa [la città di Spoleto] non se ne riebbe mai perfettamente.
Tratto da Achille Sansi, Storia del Comune di Spoleto dal secolo XII al secolo XVII, volume II, capitolo XVIII.